Il 23 febbraio si è tenuta la premiazione della prima edizione del Premio Oblivion! Votate e votati dai 45 editori che hanno partecipato alla fiera, vi sono state e stati sei tra vincitrici e vincitori, e due menzioni d’onore! E oggi, pubblichiamo l’ultimo racconto tra quelli premiati, ossia il vincitore del Premio Oblivion, Antonio Longo, autore del racconto Abel degli abissi
A voi, buona lettura!

10 luglio 1906
Mia amata Isa,
mi tremano le mani. Oggi, alle ore 8.53 del mattino, i nostri sommozzatori hanno trovato qualcosa. Se le loro supposizioni sono vere, se non sono solo allucinazioni dovute alle acque ghiacciate dell’artico, questa ricerca potrebbe volgere al suo termine. Dieci anni ho dedicato ai miei studi, sette di questi lontani da te. Mille volte ho pensato a come ti avrei trovata una volta tornato, ma credo che l’attesa sia prossima alla fine. Negli istanti in cui ti scrivo, il rumore assordante della trivella scarnifica il ghiaccio, stratificazione dopo stratificazione, là dove i sommozzatori hanno trovato i resti. Se il reperto è autentico, Isa, sarò da te prima della fine dell’estate. Non è l’orgoglio dello scienziato a esser felice per la fine della ricerca, ma l’ardore dell’innamorato. Per sette anni ho avuto di te solo una fotografia. Ma la pellicola non rende il luccicore dei tuoi occhi. Sono partito ricercatore innamorato di un’idea. Ti scrivo, oggi, amante in attesa di tornare all’amata.
Che questa ricerca si concluda presto.
Con tutto il mio cuore,
Emilio.
23 luglio
Cara Isa,
le nostre supposizioni sembrano essere corrette. Scavando a 47 metri sotto la profondità del mare, abbiamo isolato un blocco di ghiaccio che contiene il cadavere perfettamente conservato di un uomo. Potessi tu vederlo… liberato dalla sua prigione d’iceberg e acqua, se ne sta nella camera fredda della nave, ancora mezzo imprigionato nel ghiaccio, come una formica nell’ambra. Le condizioni sono perfette, e la crio-cronografia non lascia dubbi: è una specie di homo sapiens che risale a oltre un milione di anni fa. Hai capito bene. Le mie teorie erano corrette. Abbiamo rifatto i calcoli col cuore in gola e pare di non essere in errore. Un milione almeno. Prima della scrittura, prima degli egizi, prima dei minoici, prima dei Kush. Non posso che meravigliarmi di fronte alle incorrettezze della nostra scienza moderna. Anni e anni di convinzioni e insegnamenti sconvolti da un unico cadavere sepolto dal mare. Questo è l’abisso della nostra ignoranza, Isa. Per la prima volta, nella mia vita di scienziato, ci guardo dentro e non ne vedo il fondo. Quest’uomo congelato mette alla prova tutto ciò che sappiamo. Prego Iddio che voglia dirci qualcosa di sé, che la comunità scientifica riconosca il tuono dirompente di questo cadavere taciuto dal silenzio artico.
A rivederti presto, amata Isa mia. Tornerò da te acclamato dalle accademie. La tua attesa sarà stata ricompensata.
Permettimi un bacio.
Tuo, Emilio.
30 luglio
Cara Isa,
le ricerche procedono a gonfie vele, ma l’umore a bordo si sta logorando. Il cambusiere sostiene che Abel – così abbiamo chiamato il primo uomo – sia un segreto che Dio Onnipotente aveva relegato nei ghiacci perché nessuno lo trovasse mai. È convinto che interferisca con i suoi pensieri. Altri, superstiziosi come lui, pensano che sia un’incarnazione del diavolo. Fandonie, dico io. Inutile dare peso alla cosa. Dopotutto, è un momento fisiologico. Di fronte all’ignoto l’uomo si spaura. Ma è questione di tempo. Siamo già in rotta verso Londra. Sarò poi a Siracusa. Infine a casa.
Per sempre tuo,
Emilio
P.S. Abel ha però una particolarità. Se n’è accorto per la prima volta il nostromo, osservando col monocolo dentro il blocco di ghiaccio. Pare che Abel abbia una protuberanza sotto la nuca, all’attaccatura del collo. Un corno inverso di un qualche tipo. Forse, ma di questo bisogna accertarsi, è uno spuntone di roccia che ha causato la sua morte. Se davvero è morto con un sasso alla nuca, Abel è un nome davvero appropriato per lui. Che Caino, costruttore di città, ci riservi la grazia di scoprire qualcosa di più su suo fratello.
30 Agosto
È passato un mese, ma Londra è ancora lontana. Solo adesso, dalle isole Faroe, riesco a scriverti. Una tempesta ci ha colti all’imbocco del mare di Norvegia. Si sono abbattuti su di noi marosi e venti funesti, e anche col motore al massimo, non siamo riusciti a tenere la rotta. Sulla nave prende forza l’idea che sia Abel a generare questa persistente sventura. Stolti. Non sanno che, nella moltitudine delle cose del cosmo, le coincidenze sono poco più che una occorrenza statistica.
Voglia tu attendere ancora un po’ il tuo amato,
Emilio.
05 Settembre
Cara Isa,
ti scrivo con una crescente preoccupazione per lo stato di Abel. Temo che qualche sostanza imprigionata insieme al suo cadavere nei tempi perduti possa sprigionarsi ora con i venti caldi dei mari attorno alla Normandia. Se questo accadesse, potremmo essere costretti a entrare in quarantena, per evitare un contagio con il resto del mondo. Quel che è peggio, il cadavere potrebbe essere contaminato. Il nostromo e io siamo convinti che la struttura alla base del cranio non sia un corpo estraneo, ma una protrusione del suo stesso scheletro. Ne ignoriamo l’utilità. A vederla così… ma è una sciocchezza, Isa mia. Sembra una di quelle antenne con cui Tesla conduce l’elettricità. Lo so, è folle. Un’antenna su un uomo. Quando sarò a casa, mi farà bene un po’ di tranquillità. Penso con affetto alle tue braccia calde. Ai tuoi sorrisi tra le lenzuola.
Prego di trovarti innamorata come ti ho lasciata.
Tuo,
Emilio.
12 Settembre
Sette sono morti buttandosi in mare. Cinque graffiandosi gli occhi dalle orbite. Non sappiamo di cosa si tratti, Isa. Abbiamo preso misure preventive, così ora, per vedere il corpo, bisogna indossare l’intera tuta dei sommozzatori. Ogni contatto con un agente patogeno potrebbe essere fatale. Ma con ogni visita vedo il deteriorarsi di Abel. Il figlio delle mie teorie, sgretolarsi dopo migliaia di anni passati in un sonno tranquillo. È davvero un grande fallimento. La comunità scientifica ci ha accordato un paper, ma a Londra gli scettici sono in tanti. Temo per la nostra ricerca. Temo per la nostra salute.
L’antenna. Ricordi l’antenna?
Durante l’ultima visita, mi è sembrato emettesse un suono. Come una radio, sì. Devo essermelo immaginato, come potrebbe un cadavere seppellito dal ghiaccio…
Tuo,
Emilio.
20 settembre
Cara Isa,
siamo in molti a sentirlo. Sembra parlarci. Il cambusiere, preso dai nervi, s’è tranciato le orecchie con la mannaia e ha forato i timpani col coltellino. Sono dettagli truci per te, ma te ne metto a parte perché anche così, coi timpani forati, il cambusiere continuava a sentire la sua voce. L’orrore nei suoi occhi, potessi descriverlo, era profondo come il nero del baltico. Coi miei occhi l’ho visto cavarselo di dosso con un coltello.
Il clima è pesante. Dalla camera di Abel escono odori miasmatici che non saprei come descrivere. Siamo in quarantena. Abbiamo deciso di mandare a terra una scialuppa coi più giovani mozzi, perché spediscano le ultime corrispondenze e ti facciano avere queste poche righe. Mi manchi molto.
Forse avevano ragione i timorosi. Forse esistono segreti insondabili che è meglio lasciare dove sono.
22 settembre
Ho distinto parole. Se non parole suoni. Ma rivolti a me, ti prego di credermi su questo, Isa. Parlava a me. Con la sua Antenna Abel Ha parlato a ME. Diceva solo. Diceva solo. Diceva solo.
Tar
Tar
…
Emi-
29 settembre
Cara Isa mia,
questa è l’ultima lettera che scriverò. In un momento di lucidità ho distinto il messaggio che Abel cercava di comunicarmi e ho capito che non uscirò vivo da qui. Ormai siamo rimasti io e il nostromo, su una nave resa nauseabonda dall’odore dei cadaveri che non abbiamo voluto gettare in mare.
Ti prego di scusarmi, per come mi troverai. Se sarò morto in modo empio, sappi che a morire a quel modo non sarà stato il tuo Emilio, ma qualcosa che non so cos’è. Come se un’altra coscienza, ben più antica e pesante, si fosse sintonizzata sulla mia. Definirlo meglio non si può.
Ho fatto un ultimo tentativo. Ho impostato una rotta per Siracusa. Se vedrai l’albero di questa nave squarciare l’asse dell’orizzonte, chiama aiuto. Ma non venire. Non salire assolutamente a bordo. Manda qualcun altro.
Considera il ponte di questa nave
il suolo argentato
del Tartaro.
Una carezza ancora,
Emilio
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